Il sole ci apre come il ferro si allunga e le castagne che sgusciano sole
Ospedale barocco esagerato dolore ellissi tempio ovale.
Sogni una sirena
Ma è un mezzo uccello
Innamorata di tutti e nessuno
L’ascolta. Barattato il suo ventre
Per un mezzo pesce ed un corpo del Nord.
Indifferenti calpestiamo le zampe
Sparse più su sulle colline, centinaia
Di piume galleggiano in acqua
Schegge che appuntiscono onde, le brillano.
Ma non possono immergersi
Non può scendere nel mare non sa.
È l’acqua dove andiamo e lasciamo le ossa
Slegate dai nervi da rotule, liberate da forme di sfere e di forza, lei resta.
Un piumaggio distante staccato nel cielo, nel cielo che non seppellisce né frena. Il cielo non ci rilassa le ossa.
Abiti bianchi (lo scapolare ricorda il vestito battesimale, la dignità di membri del Carmelo di Maria e l’invulnerabilità quando si indossa l’armatura di Dio) baciano il sole dai rettangoli balconi, le mani sanno di metallo sudato di pelo biondo si liquefanno i ricci del pube galleggianti che segnano passaggi.
La tua vita virtuale fluttua dannosamente
Grigi alberghi ingabbiati dalle sbarre delle feritoie come il vecchietto che lancia bicchieri di vernice colorata su un lenzuolo. La tribù estasiata forma nuovi riti multietnici e tu trovi in una stanzetta il suo corpo alato ed il suo seno che versa sangue in una ciotola, fotografia di una giovane maschera non bella. Lei è non bella. Lei è incisioni che celebrano l’arrivo di un infante straniero